Por Franco Cerutti

### Zelensky da Papa Leone XIV e dalla Meloni: “Territori? Neanche un centimetro!”

Al Bar Sport di Briga Novarese, dove il tempo scorre lento come il caffè che Otello «Calorifero» versa da mezz’ora nello stesso bicchierino, quella mattina entrò Tonino «il Termosifone» con il giornale aperto alla pagina estera, tutto sudato nonostante fuori ci fossero due gradi sotto zero.

— Ragazzi! — gridò agitando il foglio come una bandiera bianca — Zelensky è andato dal Papa Leone XIV e dalla Meloni! Ha detto che non cede neanche un metro di terra ai russi. Neanche un metro! Nemmeno quel pezzettino di confine dove cresce l’erba più alta!

El Poeta, titolare e poeta occasionale, smise di lucidare il bancone con lo straccio che ormai aveva più storia del Risorgimento e rispose in rima:

— Territori non si cedono,
neanche se ti offrono un cappuccino
con la schiuma alta tre dita,
che qui da noi è già un miracolo.

Il ragionier Gualtieri, seduto al solito posto con il cappotto abbottonato fino al collo, alzò lo sguardo dal suo eterno solitario.

— Bravo Zelensky. Anch’io non cedo territori. Da quarant’anni difendo questo tavolino. Ci ho versato sopra caffè, lacrime, briciole di brioche. È mio. Se venisse Putin gli direi: “Caro Vladimir, siediti pure, ma il tavolino no”.

La Mirella, che stava spolverando la sua borsa come se fosse un altare, intervenne con il tono di chi la sa lunga.

— E il Papa? Leone XIV! Che nome! Sembra un leone in gabbia. Chissà cosa gli ha detto Zelensky. “Santità, benedica i nostri trattori”? Io se fossi la Meloni gli avrei offerto un piatto di agnolotti. La pace si fa a tavola, non con i discorsi.

Peppone, il meccanico con la barba che sembrava un nido di rondini unto di grasso, entrò proprio in quel momento, sbattendo la porta.

— Ho sentito alla radio! Zelensky non cede terra. Giusto! Io non cedo neanche il posto auto davanti all’officina. L’altro giorno è arrivato uno con la BMW e ha provato a parcheggiare. Gli ho detto: “Amico, qui c’è la guerra dei posteggi, e io vinco sempre”.

Otello «Calorifero», asciugandosi la fronte con il grembiule che sembrava un asciugamano da spiaggia, versò un giro di grappa senza che nessuno l’avesse chiesta.

— Territori… Mah. Io ne ho ceduto uno ieri: il bagno del bar. È rimasto occupato per quaranta minuti dal signor Beppe che leggeva il Corriere dello Sport. Alla fine ho bussato: “Signor Beppe, pace o guerra?”. È uscito con il giornale arrotolato come trattato di resa.

Tonino «il Termosifone» salì sullo sgabello, rischiando di cadere.

— Immaginatevi la scena: Zelensky dal Papa. “Santità, non cedo terra”. Il Papa: “Figliolo, neanche io cedo il Vaticano, che è piccolo ma mio”. Poi dalla Meloni: “Giorgia, tieni duro”. E lei: “Volentieri, ma prima un selfie?”.

Entrò in quel momento il signor Anselmo, cliente secondario ma rumoroso, con il cappello di feltro anche in casa.

— Io dico che Zelensky ha ragione. Non si cede. Come quando mia moglie voleva buttare via il mio vecchio divano. Le ho detto: “Cara, quello è territorio ucraino della casa. Non si tocca”.

El Poeta, ispirato, chiuse il dibattito con una strofa solenne:

— Zelensky non cede un palmo,
il Papa prega, la Meloni sta salda,
e qui al Bar Sport, signori miei,
non cediamo neanche la sedia calda.

E tutti alzarono il bicchierino di grappa. Perché in fondo, tra guerre lontane e tavolini difesi, la vera resistenza è non alzarsi mai dal proprio posto. Almeno fino all’ora dell’aperitivo.