Por Franco Cerutti
Nel Bar Sport di Briga Novarese, dove l’aria sa sempre di caffè bruciato, pandoro sbriciolato e sogni di pace mondiale che durano quanto un espresso, quella mattina di Natale Tonino «il Termosifone» entrò tutto trafelato, con il giornale in mano e il cappotto che gocciolava neve come se avesse fatto la doccia col Polo Nord.
«Ragazzi, attenzione! Il Papa nuovo, Leone XIV, ha parlato! Ha detto pace in Ucraina, dialogo tra Mosca e Kiev, e pure per Gaza, i giovani al fronte e i senzatetto! Urbi et Orbi completo, roba forte!» annunciò, salendo sullo sgabello come un gallo su un trespolo radiatore.
El Poeta, il titolare, che stava lucidando un bicchiere con uno straccio che sembrava la bandiera bianca della resa, alzò un sopracciglio e buttò lì la sua rima:
«Pace vuole il Papa, pace vuole il mondo,
ma qui al bar la pace è quando il Gualtieri paga il fondo.»
Il ragionier Gualtieri, seduto al tavolo d’angolo da trent’anni (o forse da quando esisteva il bar, nessuno ricordava), si sistemò gli occhiali a mezzaluna e sbuffò: «Tonino, ma che dialogo e dialogo. Mosca e Kiev sono come me e la Mirella quando litighiamo per il telecomando: uno vuole Raiuno, l’altra Canale 5, e alla fine vince chi ha il volume più alto. Il Papa può dire quello che vuole, ma senza telecomando non si comanda niente.»
La Mirella, che stava mangiando un tramezzino come se fosse l’ultima reliquia, intervenne con la bocca mezza piena: «E poi, scusa, Leone XIV? Ma non era morto il tredici? Questo qui è il quattordici, sembra un autobus in ritardo. Comunque ha ragione: i giovani al fronte… poveri figlioli, invece di stare su TikTok a fare balletti stanno a fare buche. E i senzatetto? Quelli lì almeno hanno la scusa del freddo, noi paghiamo l’affitto e uguale ci congeliamo.»
Peppone, il meccanico con la barba che sembrava un tappeto di officina, arrivò in quel momento, tutto unto di olio e profumo di nafta. «Io l’ho sentito alla radio mentre smontavo un carburatore. Il Papa ha detto ‘basta armi’. Bravo! Ma se domani Putin e Zelensky si abbracciano, chi glielo dice alle fabbriche di kalashnikov che è finito il lavoro? Disoccupazione natalizia, altro che pace!»
Calorifero – al secolo Otello, il barista – versò un altro giro di caffè senza che nessuno l’avesse chiesto, come sempre. «Pace, pace… Io dico che il Papa dovrebbe venire qui da noi. Gli facciamo assaggiare il pandoro di El Poeta, gli presentiamo il Gualtieri che spiega l’economia mondiale con le bollette del gas, e la Mirella che gli racconta come si fa la pace in casa quando il marito russa. Altro che Urbi et Orbi, qui sarebbe Orbi et Bar Sport.»
Entrò in quel momento il vecchio Gino, quello che tutti chiamano «il Postino» anche se è in pensione da vent’anni, con un pacco di giornali sottobraccio. «Ho sentito tutto! Leone XIV ha chiesto dialogo immediato. Immediato! Ma immediato quanto? Come il caffè di Calorifero o come le risposte della ASL?»
Tonino «il Termosifone» prese il suo taccuino unto e cominciò a scribacchiare: «Cronaca del Bar Sport, Natale 2025: il Papa invoca la pace, il bar invoca lo sconto sul pandoro. Mosca e Kiev devono dialogare, ma prima devono passare da Briga Novarese a bere un bianchino, che qui la pace la facciamo da secoli: uno paga, gli altri guardano.»
E così, tra risate, caffè e fette di panettone che volavano come colombe di pace un po’ appiccicose, il Bar Sport continuò a essere l’unico posto al mondo dove la guerra finiva sempre con un giro offerto da qualcuno che, alla fine, non pagava mai.

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