Por Franco Cerutti

Erano le dieci e mezza del mattino e nel Bar Sport di Briga Novarese c’era già odore di rivoluzione, ma quella con la panna montata sopra.

El Poeta, titolare e vate riconosciuto, stava lucidando il bancone recitando:

«Sciopero generale, che bel funeral
se non ci fosse il casello, sarebbe un bordello»

Tonino «il Termosifone», cronista ufficiale e unico uomo capace di scrivere con la biro tra i denti mentre beve il cappuccino, aveva già aperto il suo taccuino (un quaderno Pigna del 1997 con la copertina di Totti).

«Titolo provvisorio» annunciò con la bocca piena di brioche «“Il giorno in cui l’Italia si fermò… ma il nostro espresso no”».

Il ragionier Gualtieri, che arriva sempre con la cravatta storta come se l’avesse annodata un gatto ubriaco, alzò il dito indice come se fosse in assemblea condominiale:

«Io dico che è una vergogna. Scioperano i treni, gli aerei, la scuola, la Rai… e chi controlla i conti? Io! Io devo andare a Novara a firmare una pratica e adesso che faccio, ci vado con il monopattino?»

La Mirella, che da trent’anni ordina sempre “un caffè corto, ma non troppo corto, che sennò è amaro”, sbuffò:

«Io invece sono contenta. Finalmente una giornata senza il telegiornale che mi fa venire l’ulcera. Tanto dicono tutti le stesse cose, solo con cravatte diverse».

In quel momento entrò Peppone, il meccanico, con la barba piena di grasso e l’aria di chi ha dormito dentro un motore diesel.

«Ragazzi, ho sentito alla radio: venerdì non parte niente. Nemmeno le ambulanze, pare. Io ho già prenotato il carro funebre per andare al lavoro, tanto è uguale».

Calorifero (al secolo Otello), il barista che sembra un termosifone anche d’estate, servì tre caffè e uno corretto Sambuca senza chiedere, perché tanto lo sapeva.

«Secondo me» disse asciugando un bicchiere che era già asciutto da tre giorni, «questo sciopero lo fanno apposta per far salire il prezzo del cappuccino. È una manovra finanziaria. Meloni e i sindacati sono d’accordo, si spartiscono i ricavi».

Tonino il Termosifone scribacchiò veloce: «Teoria del complotto cappuccino-espresso. Da approfondire».

Il ragionier Gualtieri si accese una sigaretta elettronica che sapeva di torta di compleanno e sospirò:

«Io l’ho sempre detto: se scioperano tutti, alla fine vince chi non sciopera. Cioè noi. Noi del Bar Sport. Venerdì apriamo alle cinque del mattino e chiudiamo a mezzanotte. Facciamo il pienone. Mettiamo il cartello: “Qui si lavora, si beve e si bestemmia liberamente”».

La Mirella batté il pugno sul tavolo, rischiando di rovesciare il caffè corto-ma-non-troppo:

«Io porto i ferri da maglia! Sciopero o non sciopero, io venerdì finisco la sciarpa per mio nipote. Se passa il 32 non arriva a Natale, e morta lì».

Peppone si grattò la barba e lasciò cadere una chiave inglese sul pavimento, facendo un rumore da attentato.

«E se bloccano anche le pompe di benzina? Io ho il furgone con tre gocce. Se resto a secco venerdì, devo spingere fino a Omegna. A mano. In salita».

El Poeta alzò le braccia al cielo e declamò:

«Sciopero o non sciopero, qui si sta in piedi
chiudiamo solo quando muore il bidet»

Calorifero annuì serio:

«E comunque, se davvero si ferma tutto, almeno per un giorno non arriva il rappresentante delle macchinette. Quello che vuole cambiarci il caffè con le cialde. Quello sì che è un nemico del popolo».

Tonino chiuse il taccuino con solennità:

«Allora è deciso. Cronaca ufficiale del Bar Sport, 24 novembre 2025: mentre l’Italia si ferma, Briga Novarese resiste. Con cappuccino, brioche e sciarpa a metà. E se il 28 novembre il mondo finisce, noi saremo qui. A fare la rivoluzione. Una tazzina alla volta».

E fuori pioveva, ma dentro il Bar Sport il riscaldamento era al massimo, come sempre.
Perché certi posti non scioperano mai.
Nemmeno se glielo ordina il Papa in persona.